martedì 2 febbraio 2010

Il film di Andrea


Ieri gita scolastica: con alcuni altri amici/genitori della nostra scuola siamo andati all'International Film Festival di Rotterdam, che sta svolgendosi in questi giorni, per vedere il film fatto da una dei nostri: Andrea Seligmann Silva (e Mieke Bal) hanno fatto Separations.

Non è la prima volta, ma resta sempre strano vedere cosa fa una persona che conosci, quando si tratta di produzione artistica. Separations tocca poi una serie di temi in cui io mi riconosco molto, ma in cui un po' chiunque trova del suo. Il bello è che del film mi aveva parlato il mio compare, il cui marito ha prodotto la musica/suoni ed è interessante vedere come si possa reagire in modo completamente diverso a questo film.

Che peraltro la stessa Andrea l'ha detto, alla prima ad Amsterdam, dopo il film i tavolini del baretto erano tutti pieni di capannelli, ognuno dei quali aveva visto una cosa diversa.

Di cosa parla Separations? Si tratta di un ego-documentario e tanto più verso la fine capisci che ruolo importante possa aver avuto Mieke Bal come co-regista, soprattutto quando devi mettere insieme il materiale, dare un taglio alle scene ecc. e cercare di mettere una distanza tra materiale di vita e materiale filmico.

Il punto di partenza è che i cinque fratelli Seligmaan Silva hanno tutti, a un certo punto, lasciato Sao Paulo dove sono cresciuti, per rifarsi una vita altrove, anche se due sono poi tornati. Come mai, si chiede Andrea? Da dove comincio a chiederglielo? Beh, cominciamo con un crollo nervoso avuto da sua madre 6 anni fa.

L'inizio è bellissimo, perché madre, padre e fratello, alla domanda: pensi che il passato di mamma abbia a che fare con la crisi che ha avuto 4 anni fa (all'epoca in cui girava) rispondevano a prima botta: quale crisi? e già capisci che la domanda è ottima.

È anche vero che in una famiglia con tante persone sparse tutte in giro delle volte devi far mente locale per capire di cosa si sta parlando esattamente. Ma questa crisi, si capisce dopo, è stata una bella batosta per tutti, per chi non c'era, come Andrea che all'epoca stava per partorire Eva, e per chi c'era, come Marcìo che ha passato tutti i pomeriggi del ricovero con sua madre in una specie di clinica degli orrori, con l'aggravante che la madre, psichiatra dedicata da sempre al suo lavoro, si è sempre battuta contro certe forme di psichiatria.

Infatti una notte, nel bel mezzo del suo periodo più difficile, si è alzata per slegare la paziente del letto accanto in contenzione, perché lei professionalmente era sempre stata contraria a questo sistema. Cioè, nel mezzo della sua crisi personale è il ricordarsi chi è come professionista che la tira fuori dal letto.

Ma la crisi, ala fine concordano un po' tutti, chi più chi meno velocemente, potrebbe in effetti avere causa dal fatto che nel 1939, quando Edith aveva 3 anni, la sua famiglia è riuscita a partire con l'ultima nave per il Brasile, unico paese fra tanti che aveva concesso loro un visto. A loro, ebrei tedeschi, ma soprattutto tedeschi dentro.

Insomma, ci sono moltissimi altri temi legati al come i Seligmann Silva, tutti e sette, vedono sé stessi, la propria identità multiforma (Brasiliani, ma di origine europea, padre antropologo a Belem, un'infanzia sotto la dittatura in Brasile che ha segnato la vita professionale del padre, tagliandogli di fatto le gambe e costringendolo a trasferirsi 3000 km. più a sud, a Sao Paulo).

Il tema dell'emigrazione permanente, della maternità e il modo di viverla, e delle separazioni che questo comporta nella vita: se vogliamo dirlo proprio in generale e tenendoci molto larghi, di questa parla Separations. Le separazioni nella vita come spunto per chiedersi: ma io, da dove vengo? Percé sono diventato quello che sono?

Trovo bellissimo come Andrea e Mieke lo abbiano sviluppato, come Andrea per sua stessa ammissione, è riuscita a fare certe domande ai suoi solo con la distanza della telecamera in mano, come Mieke per un annno e mezzo sia diventata incredibilmente intima con persone che conosceva solo dalle riprese di Andrea e dalle foto e frammenti audio e video di famiglia, montati in modo molto efficace.

Anche la tecnica di ripresa a mano dà questo taglio personale. Perché Andrea pone domande su un argomento di famiglia del quale non si è mai parlato, ma le vengono date anche delle risposte e le vengono poste anche delle domande, entrambe spesso scomode e quando vedi che l'immagine scivola via capisci che è il suo modo di togliere lo sguardo da qualcosa che riguarda profondamente anche lei.

Perché sono interessanti anche le risposte che loro tutti si danno.

Questo per quanto riguarda il film, che se l'argomento emigrazione, maternità, vita sotto dittatura, partenze, ritorni, ricerca delle radici, Sao Paulo amore mio e un'altra ventina che adesso mi sfuggono vi potrebbero interessare, io lo trovo molto ben fatto (Andrea fa la regista da una ventina d'anni e prima di andare a New York e poi venire in Olanda ha ricevuto molti premi per i suoi corti in Brasile, di cui vediamo alcuni frammenti).

Per me è molto strano vedere finalmente un suo film. Andrea ed io abbiamo vissuto dal 2000 al 2008 in due vie parallele e lei ha insegnato per me, per un periodo. Quindi sapevo dei suoi trascorsi registici, più di una volta abbiamo parlato di organizzare qualche proiezione tra amici per vedere i suoi lavori, poi ci siamo messe a figliare a intermittenza entrambe e la vita ci ha fagocitate.

Di lei puoi certo dire, a prima vista, che è molto più prussiana che brasiliana nei modi di porsi, e adesso capisco anche che certi pregiudizi di tipo etnico (che mi sono pure laureata sulla loro rappresentazione a fini umoristici) veramente ce li portiamo dietro dal profondo e che i posti in cui viviamo e il piacere e lo sforzo che ci costa adattarsi a un nuovo ambiente non fanno altro che aggiungere nuovi strati.

Quello che ho pensato - e le ho poi detto - è che in fondo lei ha fatto il film del mio prossimo libro. Che dopo aver tirato fuori qualcosina del mio coté paterno, ho subito pensato che prima o poi devo fare qualcosa anche con questa strana dinastia materna che mi ritrovo. E che assomiglia per certi versi alla sua nel senso del punto di partenza delle domande. Poi se iniziassi a farle io queste domande, le risposte ci porterebbero da tutt' altra parte, però è bello sentirsi riconfermare volta per volta che ci facciamo tutti le stesse domande e che il bello della vita è darci, come possiamo, al meglio o al peggio che le circostanze e la vita ci offrono, di darci ognuno delle risposte plausibili per sé.

Potete vederlo ancora oggi e dopodomani a Rotterdam:
Sala giorno ora
Cinerama 5 Tue 02 Feb 14:30 Tickets
Lantaren 2 Thu 04 Feb 20:15 Tickets

1 commento:

supermambanana ha detto...

chissa' se riusciamo a vederlo da queste parti, mi pare una bella cosa. Che io poi mi intrigo in queste storie, che mi chiedo sempre come deve essere sentire questo senso di appartenenza a qualcosa, a una terra, a una famiglia, io che vagolo come un monade capitato sulla terra per caso, che son convinta che a parte figli e marito, che sono la mia famiglia vera, tutto il resto, italia, genitori, parenti, e' piu' che altro un accidente del caso. E vabbe, un giorno o l'altro avro' il tempo di analizzare la cosa.